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BREVE GUIDA AL GREEN MARKETING: 3 ESEMPI CONCRETI DI SOSTENIBILITÀ

Negli ultimi anni, l’attenzione dei consumatori per il tema della sostenibilità è
aumentata vertiginosamente. Questa non è una novità, per esempio in uno
studio di Think with Google si è osservato che in paesi come Stati Uniti,
Francia e Germania le ricerche sul riciclo degli imballaggi sono aumentate del
30%.


Oggi la lotta per il brand più sostenibile si è spostata sempre più sul web,
dove la comunicazione diventa sempre più “verde”, in alcuni casi anche in
modo ingannevole.

Il Green digital marketing

Attraverso tutte le piattaforme, i brand cercano di comunicare la sostenibilità
dei loro prodotti, a partire dal processo di produzione fino ad arrivare alla
qualità dei materiali. I giovani, in particolare, oggi sono disposti a spendere di
più per fare scelte più coscienziose.

Il social più “giovane”, TikTok, è oggi invaso di creators che condividono
consigli su come essere più attenti all’ambiente: c’è chi crea tutorial
sull’autoproduzione di saponi, chi recensisce pannelli fotovoltaici e chi insegna
a cucinare piatti plant-based.

Questo ha portato le aziende a pubblicizzare sempre più il loro lato più
eco-sostenibile e puntare su pubblicità che possano incontrare i bisogni dei
consumatori.

Molti hanno puntato ad un vero e proprio re-branding,
modificando logo, identity ed addirittura nome, in modo da essere associati
maggiormente ad uno stile di vità più sostenibile.

Un esempio è Eni Gas e Luce, che diventa Plenitude. L’azienda da sempre
legata alla produzione di energia decide di cambiare nome ed il coloro del
logo, che da nero diventa verde, imponendosi anche nuovi obiettivi come
azzerare le emissioni di CO2 entro il 2040 ed implementare il numero di
colonnine elettriche sul territorio italiano.

Non è tutto oro ciò che luccica

Il rischio però di ricadere in pratiche non corrette è dietro l’angolo. Il
greenwashing è ormai noto come la pratica nella quale si attribuisce ai propri
prodotti e servizi dei valori legati alla sostenibilità ambientale, rimanendo però
sempre vaghi e senza mai specificare come e perché si contribuisca alla
causa.

Non solo questo è immorale, ma, in Italia, anche illegale. Famosa è la prima
ordinanza del tribunale di Gorizia nei confronti dell’azienda Miko, produttrice di
panni in microfibra. L’azienda definiva i propri prodotti “100% riciclabili”,
“amica dell’ambiente”, “microfibra ecologica”. I giudici hanno stabilito la non
veridicità di queste informazioni, stabilendo che le “dichiarazioni ambientali
verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati
scientifici presentati in modo comprensibile”.

La sostenibilità viaggia sul web

Oggi molti dei prodotti e servizi in vendita viaggiano sul web e sono fatti per
un uso prettamente online. Sembrerebbe difficile migliorare la sostenibilità di
un prodotto che fisicamente non esiste, eppure molte aziende oggi puntano
anche sulla sostenibilità della propria attività online.

Come può un sito web essere più green ?


Un sito che per esempio ci metterà troppo tempo per caricarsi, porterà l’utente
a passare più tempo sul proprio device che a sua volta consumerà più batteria
e sarà costretto a ricariche più frequenti.

Alcuni brand invece si sono impegnati nel ridurre l’invio di mail pubblicitarie e newsletter. Secondo infatti uno studio di Mike Bernerss-Lee chiamato How bad are bananas: the carbon
footprint of everything, ogni mail produce almeno 4 grammi di CO2 e questo
valore diventa almeno dieci volte tanto quando ci sono degli allegati.

Il web oggi è ricco di strumenti che permettono di calcolare la carbon footprint
dei siti. Uno di questi è Karma Metrix, che tramite l’intelligenza artificiale
permette di calcolare la CO2 prodotta e fornisce consigli per rendere il sito più
efficiente a livello energetico.

3 casi di green marketing efficace

● Patagonia

Nel 2022, Yvon Chouinard, proprietario del brand di abiti outdoor Patagonia, ha
fatto la storia nel mondo del fashion. La famiglia Chouinard ha deciso infatti di
cedere il 100% dei profitti ad un fondo no-profit che si occupa di lotta al
cambiamento climatico. Iniziativa coerente con l’azienda che da sempre permette
di riparare gratuitamente gli abiti del proprio marchio.

● Ikea

L’azienda svedese da sempre promuove sui propri canali iniziative green con
un grande ritorno mediatico e che puntano alla sensibilizzazione sui temi della
sostenibilità ambientale. Nell’ultimo periodo l’attenzione del marchio per
questi temi si è spostata sempre di più verso i prodotti alimentari.

Se da un lato è diventato virale l’hot dog vegano che nei negozi è possibile acquistare per
solo 1€, dall’altro, sul loro sito, è nata una sezione destinata ai loro prodotti
plant-based.

Ikea si è infatti imposta degli obiettivi per il 2025, anno entro il quale il 50% dei piatti serviti nei ristoranti e l’80% dei cibi confezionati, saranno a base vegetale.


● Visa

La società finanziaria si è dimostrata molto attenta alle tematiche ambientali,
ponendosi degli obiettivi molto importanti da attuare fin da subito e riuscendo
a portare la sostenibilità ambientale ad un nuovo livello.

Il piano di Visa è quello di generare attenzione verso le piccole azioni quotidiane dei propri
clienti, che essendo milioni, possono portare ad un grande cambiamento su
scala globale.

Sul loro sito è presente una dichiarazione di obiettivi da raggiungere entro il
2040, il più importante è l’azzeramento totale delle emissioni. In più sono
presenti anche altre azioni già in atto come nuovi materiali alternativi per le
carte di credito e la produzione di documentari che possano ispirare a stili di
vita più sostenibili.

Il green marketing rimane comunque un ottimo strumento per diffondere
buone abitudini e comportamenti più etici con i consumatori. Nonostante,
spesso, il cambiamento parta dal basso, la visibilità delle grandi multinazionali
che attuano queste pratiche diventa un importante canale di condivisione
verso un pubblico sempre più ampio e intergenerazionale

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