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Chatbot: 70 anni di storia

Il nostro viaggio nel tempo con i chatbot inizia nel 1950. Lo scienziato matematico Alan Turing, considerato il padre dell’informatica e dell’intelligenza artificiale, teorizza lo standard con cui ancora oggi viene misurato il livello dell’intelligenza artificiale (AI).

Sebbene nessuna AI abbia mai superato definitivamente il test che dimostri un comportamento intelligente (Test di Turing), negli ultimi anni sono stati progettati diversi chatbot che di volta in volta presentano migliori prestazioni rispetto ai loro predecessori.

Ma cos’è un chatbot?

La mia più semplice (e personale) definizione è questa: un chatbot è uno scambio di messaggi con un’azienda invece che con un amico… solo che questi messaggi sono automatizzati.

I chatbot di oggi sono incredibilmente bravi a fornire agli utenti informazioni utili di base. Rispondono ad esempio in tempo reale, a gran parte delle richieste di assistenza rivolte ad un Servizio Clienti. Quelle che rientrano nelle casistiche classiche di una azienda, che chiedono almeno il 60-65% degli utenti. Questo fa si che si riducono notevolmente i tempi di risposta dell’e-mail (in genere 24/48 ore) oppure i fastidiosi tempi di attesa di un call center.

Torniamo a Alan Turing alla metà del XX secolo

Fu durante gli anni 40 del 900 che il matematico britannico sviluppò un test per determinare la capacità di una macchina di mostrare intelligenza alla pari con gli esseri umani attraverso una conversazione basata su testo.

Sebbene Alan Turing avesse intuito il concetto in precedenza, fu solo nel 1950 che pubblicò un articolo incentrato esclusivamente sulla correlazione macchine e intelligenza artificiale. Con questo stabilì l’interpretazione moderna dell’AI e come testarne la capacità di replicare, o almeno imitare, l’intelligenza umana, giudicata da altri umani.

Affinché l’AI superi il test di Turing, le sue risposte devono essere indistinguibili dalle risposte di un essere umano.

Forse non sai che quando inserisci manualmente una sequenza di lettere e numeri in una casella CAPTCHA, in verità stai effettuando un test di Turing per assicurarsi che l’utente sia un umano.

Eliza il primo approccio al chatbot

Il viaggio prosegue e nel 1966 è il turno di Eliza: un chatbot creato dall’informatico tedesco Joseph Weizenbaum. Il suo obiettivo era quello di riprodurre una conversazione tra un terapeuta e il suo paziente nella sua fase iniziale. Una simulazione del primo incontro in cui le domande sono semplici e prestabilite. Con Eliza è la prima volta che un programmatore sviluppi un’interazione uomo-macchina con l’obiettivo di illusione di un dialogo da umano a umano.

L’assistente virtuale paranoico Parry

Sei anni dopo, nel 1972, Kenneth Colby, uno psichiatra della Stanford University, crea Parry un programma che riproduce il pensiero di un individuo paranoico e schizofrenico. Colby credeva che Parry potesse aiutare a istruire gli studenti di medicina prima di iniziare a curare i pazienti. Parry fu uno dei primi sistemi a passare il test di Turing.

Nel 1978 sempre Colby, sviluppa la prima protesi vocale intelligente. Questa volta si tratta di un programma per computer che aiuta le persone con disturbi della comunicazione a parlare.

La prima simulazione di una chat umana

Dieci anni dopo, nel 1988, un programmatore autodidatta,chiamato Rollo Carpenter, creò Jabberwacky. Jabberwacky apprende dalle esperienze passate e si sviluppa nel tempo. Il suo obiettivo è quello di simulare la naturale conversazione umana in maniera interessante, e divertente, ma anche di superare il test di Turing. A differenza dei precedenti progetti di intelligenza artificiale, qui la tecnologia è intesa esclusivamente come una forma di intrattenimento.

Dr. Sbaitso: un programma di intelligenza artificiale basato su MS DOS

Nel 1992, Creative Labs, una società tecnologica con sede a Singapore, sviluppa Dr. Sbaitso. Si tratta di un programma di sintesi vocale di IA che imita uno psicologo. Il programma è stato commercializzato attraverso delle schede audio, che simulavano voci digitalizzate.

Nome in codice A.L.I.C.E. (Artificial Linguistic Internet Computer Entity)

Nel 1995 Richard Wallace sviluppa Alice: un chatbot orientato sulla PNL che simulava una chat con una donna. Alice è stata ispirata dalla precedente Eliza e progettata per avere una conversazione naturale con gli utenti. Il suo codice è stato rilasciato in open source, il che significa che può essere riutilizzato da altri sviluppatori per alimentare i loro chatbot. Alice è stata anche d’ispirazione per un film di fantascienza americano. Un film su un uomo che si innamora di un chatbot.

Instant Messenger di AOL

ActiveBuddy, un’azienda specializzata in interfacce di conversazione, nel 2001 crea SmarterChild. Un chatbot intelligente costruito e integrato sull’Instant Messenger di AOL. È stato progettato per avere una conversazione naturale con gli utenti ed è considerato il precursore di Siri di Apple.

L’arrivo del trio Siri, Cortana e Alexa

Nel 2010 Apple lancia Siri, la prima assistente personale disponibile in tutto il mondo. Google risponde a Apple rilasciando Google Now nel 2012. Seguono a ruota Cortana di Microsoft e Alexa di Amazon entrambe rilasciate nel 2014. Inizia ufficialmente l’era degli assistenti virtuali.

12 Aprile 2016 Mark Zuckerberg lancia i chatbot Messenger

Nel 2016 scende in campo Facebook, che apre ai chatbot la sua piattaforma Messenger. L’annuncio lo fa Mark Zuckerberg in persona a San Francisco, durante l’F8 Conference nell’aprile 2106). Ciò contribuisce e alimenta lo sviluppo delle piattaforme chatbot.

Il futuro dei chatbot

Arriviamo ai giorni attuali (novembre 2020): i chatbot oramai fanno parte della nostra vita quotidiana, e si prevede che le dimensioni del mercato chatbot crescano fino a $ 9,4 miliardi entro il 2024 (Businessinsider).

Con l’evoluzione della tecnologia, tutte le applicazioni già sviluppate e quelle in futuro sviluppo, il potenziale dei chatbot è infinito. Si evolveranno e diventeranno man mano sempre più intelligenti, e conseguentemente le aziende investiranno molto in questo nuovo canale di comunicazione e conversazione.

Alcune previsioni concrete

L’intelligenza artificiale sarà un investimento ricorrente nell’esperienza del cliente nei prossimi due anni. Da alcune statistiche si rileva che il 47% delle aziende utilizzerà i chatbot per l’assistenza clienti e il 40% li svilupperà come assistenti virtuali.

L’intelligenza artificiale ha rinnovato le modalità di comunicazione delle aziende con i clienti e potenziali clienti. L’intelligenza artificiale è fondamentale per consentire l’apprendimento automatico e l’interpretazione delle comunicazioni aziendali automatizzate.

In futuro, si prevede che i chatbot passino da semplici risposte alle domande attivate dagli utenti a conversazioni in tempo reale basate su analisi di previsione più avanzate.

Indubbiamente, i chatbot stanno già trasformando il modo in cui le aziende comunicano con i loro clienti e potenziali clienti. È stato previsto che l’interruzione della conversazione potrebbe ridurre e incoraggiare gli operatori di marketing digitale a dare la priorità ai chatbot come nuovo canale per raggiungere gli utenti.

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